IL SOTTOPRODOTTO NELL'ECONOMIA CIRCOLARE
Nell’Unione Europea vengono prodotte ogni anno circa 2,2 miliardi di tonnellate di rifiuti, con un impatto significativo in termini di inquinamento ambientale e di spreco di risorse ed energia. Soluzioni volte a sostenere l’economia circolare hanno come obiettivo la massima riduzione degli sprechi e la minimizzazione dei rifiuti.
Tra le varie soluzioni che combinano entrambi gli aspetti c’è quella dei sottoprodotti, e anche se la normativa è ancora oggetto di modifiche, promette già di essere una delle chiavi di volta della transizione ecologica.
Ma scopriamo di più!
Cos’è un sottoprodotto e qual è la differenza con rifiuto ed End of Waste
Ai sensi dell’art. 184-bis del D.lgs. 152/2006 (o Testo Unico Ambientale, o TUA) è un sottoprodotto qualsiasi sostanza o oggetto che soddisfi contemporaneamente alcune condizioni:
- la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza o oggetto;
- è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
- la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
- l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
Qualora non venga rispettato anche uno soltanto di questi elementi, lo scarto produttivo non può considerarsi un sottoprodotto e automaticamente rientrerà nella disciplina in materia di rifiuti.
Un rifiuto, lo ricordiamo, è inteso come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”, macro-termine all’interno del quale poi si viene a determinare una scrupolosa classificazione a seconda dell’origine (rifiuti urbani e rifiuti speciali) e a seconda delle caratteristiche di pericolosità (rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi), che condiziona e determina a sua volta molteplici aspetti, come il tipo di gestione, trattamento e smaltimento, condizioni per la giacenza, modulistica obbligatoria e scelta sia del tipo di trasportatore e di mezzo che dell’impianto di destino, tutti debitamente autorizzati a trattare una determinata tipologia di rifiuti, specie se pericolosi.
Se vuoi saperne di più, leggi anche ⇒ Come gestire i tuoi rifiuti pericolosi
La differenza principale tra sottoprodotti ed End of Waste è che i primi non acquisiscono mai la qualifica di rifiuto, mentre questi ultimi la perdono. Infatti, secondo l’art. 184-ter del TUA, per End of Waste si intende un rifiuto che, attraverso appositi procedimenti di trattamento e recupero, incluso riciclaggio o preparazione per il riutilizzo, cessa di avere quella qualifica riacquisendo di nuovo lo stato giuridico di prodotto e può essere reinserito all’interno dei cicli produttivi. Il DM 152/2022 in vigore dal novembre 2022 disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto degli End of Waste inerti da attività di costruzione e demolizione e altri rifiuti inerti di origine minerale, recentemente oggetto di revisioni.
Abbiamo già parlato degli End of Waste in ⇒ I materiali ferrosi nell’economia circolare
Tipi comuni di sottoprodotto e quali settori sono coinvolti
Soprattutto negli ultimi decenni si è fatto sempre più forte l’interesse per lo sviluppo di soluzioni atte a sostenere forme di economia circolare, favorendo il riutilizzo degli scarti produttivi che rispondano a tutti i requisiti. Lo scarto produttivo, previa qualifica di sottoprodotto, si rivela una risorsa ormai largamente presente e valorizzata in svariati settori, da quello della cosmesi e quello farmaceutico alla bioenergia, dalla zootecnica al settore agro-alimentare, al fine di ottenere nuovi prodotti da materiali riciclati e fonti di energia alternative per sostenere ulteriori cicli produttivi.
Secondo Eurostat, il settore agricolo risulta il principale produttore di biomassa residua in Europa, avendo a disposizione ogni anno circa 400 milioni di tonnellate di rifiuti secchi. Gli scarti di biomasse agricole, forestali e alimentari (oli, acidi grassi, polifenoli e proteine) sono utilizzati per la produzione di carburanti, fertilizzanti e mangimi per animali e sono ottimi per ottenere energia: il biogas e il biometano provengono dalla parte biodegradabile di materiali derivati da colture agricole, scarti alimentari (gusci o noccioli di albicocca e pesca) o di lavorazione del legno, rifiuti di carta, reflui zootecnici da allevamenti, fanghi di depurazione e componenti organici dei rifiuti urbani. Gli stessi potrebbero trovare notevole applicazione anche nell'ambito delle industrie farmaceutiche e nutraceutiche, tuttavia, spesso, questi composti sono poco sfruttati a causa della scarsità di tecnologie che consentano di estrarli e conservarli. Anche la stessa produzione di bioenergia deve essere sostenibile: la UE esige che l’uso delle biomasse a scopo energetico non abbia effetti negativi di alcun tipo sul piano ambientale e sociale, promuovendone un uso il più possibile responsabile.
I sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati non destinati al consumo umano (SOA) sono regolati dalla norma CE n. 1069/2009 e dal Regolamento UE n. 142/2011 e comprendono tra gli altri, carcasse di animali da allevamento, rifiuti della macellazione o della ristorazione, letame, gusci d'uovo, lana, cera d'api e derivati come latte, uova e carne che per diverse ragioni non sono più adatti al consumo umano ma che invece, in qualità di sottoprodotto, possono essere reimpiegati per produrre fertilizzanti, mangimi, biocarburanti e cosmetici. In UE si stima la produzione di oltre 20 milioni di tonnellate l’anno di SOA, che, tuttavia, possono anche essere pericolosi per la salute dell’uomo se non lavorati correttamente, motivo per cui la UE disciplina con molto rigore l’intera gestione dei SOA, dividendoli in categorie sulla base del rischio potenziale per l’uomo e l’ambiente.
Se vuoi approfondire, leggi ⇒ Sottoprodotti di origine animale
Per quanto riguarda la plastica, sui marketplace circolari è il materiale più venduto in termini di sottoprodotto, poiché, se è necessario che quanti più sottoprodotti industriali possano e debbano essere orientati al riciclo, ciò è ancor più vero per metalli e plastica, i materiali con l’impatto ambientale e costo di produzione, ma anche con la versatilità e riutilizzabilità maggiore, utili ad esempio per realizzare nuovi oggetti come bottiglie, flaconi e pentolame, piatti e bicchieri.
Se vuoi approfondire, leggi anche ⇒ Produzione e lavorazione delle materie plastiche nelle aziende farmaceutiche
La burocrazia dei sottoprodotti
Secondo il DM 264/2016 sia l’utilizzatore che il produttore del sottoprodotto devono iscriversi ad un registro pubblico gratuito presso le Camere di Commercio, dove sono indicate le generalità dei soggetti iscritti e la tipologia dei sottoprodotti oggetto di attività. Resta sempre fermo che, ai fini della qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali, spetta al produttore l’onere di fornire la prova che tali materiali siano destinati con certezza, e non come ipotetica eventualità, a un ulteriore utilizzo, direzionandoli verso un preciso processo produttivo, interno o esterno alla sua azienda. Rimanendo imprescindibili le condizioni poste dall’art. 184-bis del D.lgs. 152/2006, è ammesso da parte del produttore la possibilità di dimostrarne la qualifica di sottoprodotto anche presentando i rapporti contrattuali fra il produttore e il futuro utilizzatore/intermediario o trasportatore, la documentazione interna relativa all’organizzazione produttiva e una scheda tecnica del sottoprodotto nella quale sono riportate anagrafiche, informazioni sull’impianto di produzione, sul sottoprodotto e sua destinazione, tempi e modalità di deposito e movimentazione e organizzazione del sistema di gestione, così come la conferma della certezza dell’utilizzo e la sua validità legale. Varie figure professionali possono avere una parte nella trattazione del sottoprodotto, come i consulenti ambientali e gli HSE che sono in grado di valutare le migliori strategie attraverso le quali poter migliorare la gestione degli scarti e rifiuti aziendali ricorrendo al sottoprodotto.
I vantaggi per l’economia circolare
Nonostante la disciplina del sottoprodotto sia tutto tranne che definita e ancora oggetto di modifiche e ampliamenti, innegabili invece sono gli enormi benefici sia economici che ambientali se si investe nella categoria del sottoprodotto. In primis i sottoprodotti contribuiscono a ridurre sia il quantitativo dei rifiuti prodotto che gli sprechi, poiché sostengono l’economia circolare e quella che viene definita simbiosi industriale. Lo scarto di un’azienda può diventare una risorsa per un’altra, portando benefici in termini di riduzioni di costi e recupero di risorse, soprattutto monetizzando tali sottoprodotti e generando entrate, e abbattendo i costi legati allo smaltimento in discarica, opzione dispendiosa e fortemente impattante sull’ambiente e sulla salute dell’uomo e sull’equilibrio degli ecosistemi.
Per questo, il comune interesse è quello di estendere i limiti della disciplina vigente in merito alla categoria giuridica dei sottoprodotti. Gli ultimi aggiornamenti riguardano le terre e rocce da scavo: con deadline il 13 ottobre 2023, il MASE ha aperto la consultazione pubblica sul nuovo Regolamento riguardo la gestione di terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotto e proponendo il riutilizzo nel sito di produzione di quelle escluse dalla disciplina dei rifiuti, con l’obiettivo di snellire la gestione, favorire il riciclo di qualità dei materiali da costruzione e semplificare gli oneri burocratici dei cantieri con produzione di terre e rocce inferiore ai 1000 m3.
Per quanto riguarda il residuo di sfalci e potature del verde “ornamentale” di parchi e giardini, secondo il MASE “difficilmente sembra poter essere configurabile” come sottoprodotto, e quindi non sarebbe escluso dalla disciplina in materia di rifiuti, proprio perché verrebbe a mancare una delle suddette condizioni atte a qualificare il sottoprodotto (non sarebbe originato da un processo di produzione). L’eccezione è data dai residui di attività manutentiva “ornamentale” che però viene esercitata direttamente dall’imprenditore agricolo come parte integrante di un processo produttivo, ai sensi dell’art. 2135 del Codice civile, come si legge in risposta ad un interpello presentato dalla Regione Veneto, in data 3 agosto 2023.
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05/10/2023